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Lunacalante: una sopressa d’autore

Uggioso giovedì sera contornato da una pioggerella tentennante, accosto la macchina lungo una stradina buia che costeggia lo stabilimento delle produzioni De Stefani, il vero e proprio tempio delle lavorazioni delle carni suine.
Vengo accolta da un canuto e distinto signore che ha l’aria di aver appena finito il turno di lavoro il quale mi sorride e con tono gentile mi apre la porta. Questo signore dall’aria confortante è Cesare De Stefani, figlio di Giuseppe De Stefani, i fautori della Soppressa Trevigiana.
Siamo a Guia di Valdobbiadene, quattrocento metri sul livello del mare, area dolomitica, caratterizzata da un clima: asciutto e ben ventilato. Guia è completamente circondata da vigneti di Cartizze, prezioso nettare, diffuso in tutto il mondo, che con la Sopressa la Famiglia De Stefani ha creato un matrimonio combinato ma che è diventato vero amore, la Lunacalante.
La storia della famiglia De Stefani nasce negli anni 50’ in un piccolo laboratorio di trasformazione, dove: Giuseppe De Stefani, capostipite, iniziò a macellare i primi maiali e a realizzare così le prime produzioni: soppresse, salumi, salsicce. Il lavoro è stato poi trasferito ai figli: Giuseppe e Giacomo che hanno saputo mantenere le ricette mantenendo invariato l’amore e la passione trasmessa dal padre.
Qui si allevano maiali Padani, mi spiega Martino, il responsabile commerciale macellati al raggiungimento di 200 kg di peso vivo e un’età superiore di 12 mesi.
L’alimentazione è garantita dal disciplinare di produzione Parma, lo stesso che seleziona le cosce migliori atte a divenire prosciutto di Parma e San Daniele.
Martino ci tiene a precisare che ciò che contraddistingue la carne di questi docili animali è il grasso, questa parola oramai tabù in termini nutrizionali, è tutto ciò che di buono ha la carne perchè il grasso esprime la storia di un animale, il vero sapore della carne e conferisce un sapore prelibato, dolce ed armonioso.
Ciò che mi ha spinto fin qui è la scoperta di questo prodotto così tipico e tradizionale, la Lunacalante che nasce dalla volontà di riproporre fedelmente la produzione di un prodotto tipico della tradizione contadina.
Un tempo, i maiali venivano macellati durante il periodo invernale poiché non c’erano mezzi di refrigerazione e si evitava pertanto la proliferazione batterica delle carni, cosa che oggi con i moderni sistemi di produzione questo non avviene, i maiali si macellano tutto l’anno.
Per la realizzazione di questo pregiato prodotto, la Lunacalante, si utilizzano il pancettone, la spalla, il filetto, la lonza e la coscia, le cosiddette parti nobili del maiale, si crea l’impasto che viene dapprima macinato con grana medio grossa, aggiungendo poi una buona percentuale di grasso e di magro. L’ingrediente che la fa da padrona è il Cartizze, l’aggiunta di questo nettare, in particolare il brulè di Cartizze, (più ricco di zuccheri) migliora la maturazione e favorisce così una buona fermentazione acida, è dunque il vero promotore della trasformazione della carne in salume. Questo comporta un maggior contenuto in termini aromatici.

La ricetta ha mantenuto la tradizione, quando un tempo, l’aggiunta di Cartizze non era una scelta ma semplicemente l’unico vino che la terra offriva e che a tutt’oggi offre generosa.
Il Cartizze sorge su una collina di circa cento ettari, esposta completamente a Sud-Ovest, terra ardua, capricciosa ma al tempo stesso gentile, particolarmente vocata alla produzione della Glera, l’uva destinata al Cartizze.
L’impasto per l’ottenimento della Lunacalante non ammette la presenza di “estranei”, ovvero di additivi, nitrati e coloranti, -“noi usiamo solo il Cartizze”, spiega Martino. Il vino infatti, funge da tutti gli altri ingredienti.
Il composto viene messo all’interno di un budello naturale, legato a mano come da tradizione.
L’impasto così ottenuto è pronto per andare nelle celle di asciugatura, dove temperatura e umidità non sono forzate ma solamente monitorate. Qui, ci rimane per circa 8-10 giorni, tempo necessario per un’asciugatura blanda in cui una buona percentuale di acqua evapora.
Dopo l’asciugatura, la Soppressa entra nella fase più importante di produzione: la stagionatura, in un ambiente creato e voluto dal Giuseppe De Stefani, il Cavou.
Il Cavou, o meglio lo scrigno die sapori, rappresenta quella che un tempo, i nostri avi chiamavano cantina, le sembianze sono rimaste le medesime: pareti di pietra posate a secco, povera di luce dove le muffe provenienti da lieviti autoctoni si adagiano timide sulla Lunacalante, qui ci rimane per almeno sei mesi e se è vero che la velocità danneggia la qualità, allora qui non c’è fretta, perché si può aspettare anche due anni prima di assaggiarne una. E, dopo questo lungo periodo, si avrà ancora un prodotto vivo, povero di acqua ma ricco di sapore, aroma e amore, l’amore per questa terra che ha saputo dare tanto.
Anche il nome la sa lunga, Lunacalante, il significato di questo nome, è legato all’esperienza contadina, in cui i salumi si preparavano quando la luna calava, questo permetteva di migliorare la maturazione e la salubrità del prodotto. Come sappiamo, la luna ha la sua influenza, non solo sulle maree.
Al palato la paragono ad un’intensa escursione organolettica di sapori della tradizione contadina, travolta da tutto l’amore che si è trasmesso nel creare questo intenso viaggio di sapori.

Elisa Guizzo
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Esperta in tecnologie alimentari, dal 2018 è la coordinatrice del progetto Di Gusto in Gusto. Inoltre, ha l'abilitazione come Giudice Qualificato dell'Istituto Italiano Assaggiatori Carne “De Gustibus Carnis”.

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