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La gallina di Polverara

Polverara è un piccolo paese rurale situato a 15 km da Padova dove va in scena la tradizionale fiera della gallina arrivata alla sua 18° edizione. Ad attendermi Enrico Borgato, che tiene in braccio un bellissimo esemplare di Gallina di Polverara che accarezzo timidamente, e con mia grande sorpresa le mie mani s’imbattono in una soffice nuvola nera. La tradizionale fiera agricola ha inizio nell’ultima decade di novembre e si conclude l’8 dicembre con la folcloristica sfilata dei trattori tra le strade del paese. Enrico alleva la gallina di Polverara nelle due colorazioni: bianca e nera, la gallina Padovana nelle cinque colorazioni esistenti: bianca, nera, camoscio, oro e argento, e la Pepoi una razza di mole ridotta diffusa specialmente nella zona del Nord Orientale del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, la colorazione è di tipo dorato. Questi meravigliosi avicoli dall’animo recalcitrante e dal ciuffo scompigliato assomigliano a dei piccoli soldatini romani con addosso l’elmo. Sono animali d’indole fiera e selvaggia, rustici che ben si adattano alla vita all’aperto, sono infatti molto forti. Di taglia media e ossatura fine, la Polverara può vantare il titolo di cugina della nota Padovana, il loro emblema è il ciuffo per l’appunto: piccolo e sporgente in avanti per la Polverara che non le copre gli occhi grandi e vivaci, a forma di fiocco invece quello della Padovana, pieno e voluminoso che le copre completamente la visibilità. Gli orecchioni sono medio/piccoli e di colore bianco per la Polverara, assenti invece nella Padovana. Entrambi presentano una mole ridotta: le femmine possono raggiungere fino a 1.8 kg di peso vivo mentre i maschi superano i 2.5 kg. L’alimentazione è a base di granaglie: mais, frumento, soia ma anche insetti ed erba. Non si possono certamente definire animali da reddito ma piuttosto ornamentali considerata la loro estrema bellezza. Sono necessari almeno otto mesi di allevamento per portarle a piena maturità, un tempo piuttosto lungo se si pensa che per le altre razze l’allevamento è di solo 38 giorni. La Polverara abbisogna di tempo e pazienza per essere degustata al meglio, la carne si presenta solida e fibrosa ma saporita, ideale in umido o bollita. La Fiera di Polverara vanta di uno stand gastronomico piuttosto allettante con un menù interamente a base di gallina, si possono degustare: il pasticcio di ragù di gallina, la gallina in umido accompagnata da una calda polenta e ancora, gli gnocchi al sugo di gallina, – tutto delizioso. Ci sono diverse ipotesi in merito all’origine di questo volatile, una prima fu relativa all’arrivo delle prime galline ciuffate nelle terre Padovane portate dai pellegrini che giunsero dall’est Europa rifugiandosi nei Monasteri Benedettini di Polverara per brevi soste. Ben presto, queste galline s’incrociarono con il pollame locale dando origine così alla Gallina di Polverara.
Dai giardini dei Medici ai serragli di Isabella d’Este, dalla tavola di Galileo a quella di papi e re, questa razza rappresentò a lungo l’orgoglio del contado padovano, segretamente custodito da poche famiglie. “Quando Maometto II conquistò Costantinopoli, sottraendola quale polo commerciale ai mercanti veneziani, il Senato della Serenissima Repubblica gli inviò un tributo sostanzioso, tra cui figuravano anche le Galline di Polverara. E Galileo Galilei, il grande fisico, durante il suo soggiorno padovano acquistò per le proprie cene conviviali galli e galline di Polverara. Anche Isabella d’Este ne mandò a cercare qualche soggetto per il proprio serraglio, così come dei capi erano presenti anche nelle tenute dei Medici, in Toscana.”
Dopo un progetto di recupero costituito nel 2000 dalla Regione Veneto e dalla Comunità di Polverara con l’obiettivo di evitare problematiche quali la concentrazione massiccia e la consanguineità, si è diffuso l’allevamento della Gallina di Polverara. Parallelamente ad esso si è unita la forza e il coraggio di audaci allevatori, circa una decina nel comprensorio Padovano. Chi ha creduto fermamente in questa razza, è Antonio Fernando Trivellato, un nome di rilievo tra gli allevatori Padovani che insieme al figlio Luca Trivellato si dedicano all’allevamento della Polverara. Antonio, fautore di questa razza, c’ha messo dodici anni per ottenere quelle che oggi sono le principali colorazioni: bianche e nere.
Nel 2001 ebbe inizio la prima edizione della Fiera di Polverara, dove Antonio presentò i suoi primi esemplari dal piumaggio nero. Antonio per anni si è dedicato alla ricostruzione della razza nelle sue varietà, arrivando sino a dodici varietà di piumaggio. Nel cuore della campagna Padovana Luca e Antonio hanno realizzato una bellissima fattoria didattica, la Masseria, che coinvolge numerosi bambini con simpatiche attività e un museo della civiltà contadina al suo interno visitabile tutto l’anno. In questa oasi di pace, le galline sono libere di razzolare, e di notte coricarsi sugli alberi, «si tratta di animali forti, se l’animale è libero è immune, non necessita di cure particolari» spiega Antonio. Discrete ovaiole, fanno le uova da gennaio ad aprile, «non si producono pulcini tutto l’anno» racconta il figlio Luca. Come si può impedire l’estinzione, di questo esemplare? lo chiedo a Alice Bulgarello, sindaco del Comune di Polverara. «Il lavoro di valorizzazione dura tutto l’anno per mezzo degli allevatori, incontri pubblici, manifestazioni culinarie e ristoranti che si adoperano nel valorizzare la carne elaborando delle ricette nuove e rivedendo quelle della tradizione.» Questi animali rappresentano qualcosa di speciale per Polverara che da sempre gli regala una fiera, va premiato il loro l’impegno e lo spirito di collettività. A tutt’oggi si contano circa una ventina di allevatori in Veneto ma la presenza nelle carte dei menù è ancora timida. Non basta una fiera per farla conoscere, c’è bisogno di volontà, volontà di riscoprire questo tesoro gastronomico nascosto.

Elisa Guizzo
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Esperta in tecnologie alimentari, dal 2018 è la coordinatrice del progetto Di Gusto in Gusto. Inoltre, ha l'abilitazione come Giudice Qualificato dell'Istituto Italiano Assaggiatori Carne “De Gustibus Carnis”.

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